NBA, Michael Jordan: come His Airness ha cambiato il rapporto tra azienda e giocatore - Footballnews24.it

2022-08-06 16:01:08 By : Mr. Tung-Ming Lu

Michael Jordan è molto probabilmente il miglior cestista di tutti i tempi e più in generale uno dei più grandi ed iconici sportivi della storia. Dopo un’infanzia piuttosto complicata vissuta a Willmington, nel North Carolina, dove Jordan subisce diversi insulti di tipo razzista, Michael, il cui profilo fa già parlare di se, gioca per coach Dean Smith nell’università di North Carolina, vincendo e diventando uno dei simboli del college. Nel 1984 viene selezionato al draft NBA con la terza scelta dai Chicago Bulls, e li inizia la sua scalata verso la leggenda. Jordan Vince sei titoli, sei MVP delle finals e sei MVP della regular season. Si ritira dal basket per ben due volte e in entrambe le occasioni fa il proprio ritorno, dominando comunque il gioco sia fisicamente che psicologicamente.

Ma Jordan non ha cambiato solo la storia della pallacanestro, ha rivoluzionato lo sport, dando alla figura del giocatore professionista un’attenzione mediatica mai vista prima. Quella di Michael è stata la prima grande figura di uno sportivo che usava la propria notorietà per scopi non solo funzionali allo sport giocato, ma anche per scopi economici. Analizziamo dunque come His Airness ha utilizzato il proprio nome per accrescere il suo brand personale e quello delle società che ha sponsorizzato, e come ancora oggi il suo brand è uno dei più conosciuti al mondo.

Durante i suoi anni al college Jordan, in particolare dopo la sicurezza acquisita con la vittoria del titolo nazionale al primo anno contro Georgetown, riesce ad esprimere un basket incredibile, come raramente si era visto prima al college. Tramite queste prestazioni Michael catalizza l’attenzioni non solo degli scout NBA, ma anche delle grandi imprese che vogliono ottenere una partnership con il giovane fenomeno di North Carolina. Jordan però ha una sola firma in testa, e non è assolutamente quella che tutti pensano.

Michael vuole firmare con Adidas, perchè in quel periodo la società tedesca è la più famosa e la preferita dei giocatori. Ciò che però ha dell’incredibile è che Adidas rifiuta la proposta di Michael Jordan, questo perché in quel periodo la società ha altri obiettivi in mente, e ovviamente perché non avrebbe mai immaginato che Jordan potesse diventare quello che oggi noi tutti conosciamo. In realtà Adidas non ha proprio chiuso le porte in faccia a Michael, avrebbe potuto firmare la giovane stella, ma non avrebbe mai potuto realizzare una scarpa personalizzata per Jordan in quel periodo.

A livello cestistico però il miglior roster del periodo lo ha Converse, che possiede le firme dei grandi campioni che dominarono gli anni ’80, ovvero in primis Larry Bird e Magic Johnson, senza dimenticare Julius Erving. Con una selezione del genere, è ovvio che Michael, ancora molto acerbo, avrebbe dovuto fare moltissima strada per poter arrivare ad avere una propria linea di scarpe. Per la verità Jordan decide di mandare lo stesso una lettera a Converse, ma la risposta data sembrerebbe essere quella che la società non ritiene la giovane stella di North Carolina all’altezza delle leggende che il brand possiede. Un’altra azienda in rampa di lancio in quel periodo è sicuramente Reebok, che però non è interessata. Anche New Balance, la quale ha una serie di scarpe personalizzate per James Worthy, non è convinta di Jordan.

Il momento del cambiamento nella vita di Jordan e della moda delle scarpe da basket arriva grazie ad un signore, di nome Phil Knight. Trascorre la propria infanzia a Portland, nell’Oregon, appassionato di corsa, decide di fare il mezzofondista al college, con buoni risultati ma non abbastanza per arrivare tra i più grandi della specialità. Si laurea in contabilità all’università dell’Oregon. Knight ha due passioni oltre la corsa: le scarpe da running e i viaggi.

E così, dopo una breve parentesi in Australia decide di andare in giro per il mondo da solo, per scoprire cosa hanno da offrire persone di paesi e culture diverse. Mantiene la sua passione per le scarpe e, arrivato in Giappone, a Kobe, conosce le scarpe da corsa Tiger, prodotte dalla Onitsuka, oggi chiamata Asics. Phil rimane estasiato dalla qualità delle scarpe e decide di tornare a Portland e, insieme al suo vecchio allenatore Bill Bowerman, apre nel 1964 un’azienda chiamata Blue Ribbon Sports, che importa le Tiger dal Giappone e le vende negli USA, chiaramente sotto consenso della Onitsuka.

Le cose vanno bene, ma un problema con i colleghi del Giappone interrompe la partnership. E così, Knight, insieme sempre a Bowerman nel 1971 apre una sua azienda di scarpe da corsa. Incantato dal suo viaggio in Grecia, decide di chiamare l’impresa “Nike”, la Dea greca della vittoria e, insieme a Carolyn Davidson, crea il marchio. L’idea è di progettare un disegno che possa ricordare le ali della Dea, così come rappresentata dalla mitologia greca. Nasce così lo “Swoosh“, che in inglese indica il fruscio del vento e la velocità e rappresenta la stilizzazione delle ali della Dea unita alla idea di velocità. La prima scarpa con il segno caratteristico viene prodotta e lanciata nel 1972.

Nike ottiene un discreto successo ed entra di prepotenza non solo nel running, ma anche nel tennis. Il primo grande testimonial della società di Knight infatti è John McEnroe, considerato da molti uno dei più grandi tennisti di sempre. E grazie al rapporto con McEnroe la Nike comincia a crescere, fino a che, nel 1984, dopo una serie di anni in cui vi erano delle vendite ma la crescita dell’azienda non era come si sperava, Phil Knight decide di voler affidare le proprie scarpe ad un giovane cestista che di li a poco firmerà con i Chicago Bulls, ovvero Michael Jordan.

Come detto, nel 1984 Nike decide di puntare forte su Jordan. Michael però non è affatto convinto e non è attratto dall’idea. La sua volontà, che ripete ogni volta è quella di voler andare con Adidas. La mamma di Mike però decide di insistere: secondo lei, Nike merita almeno una chance, e convince il figlio ad andare ad un incontro con l’azienda per capire quali siano le idee di Nike e quale cifra siano disposti a dare a Jordan. IL contratto proposto da Phil Knight è un qualcosa che prima di quel momento era ritenuta impensabile. L’offerta è di 500000 dollari l’anno, più bonus. E’ più del triplo di un qualsiasi altro accordo esistente in quel periodo tra un giocatore NBA e il suo sponsor tecnico.

La mossa di Knight è geniale, avendo intuito il potenziale di Jordan appena approdato in NBA decide di concedere un pacchetto di azioni della Nike a Michael. Così facendo, MJ diventa parte attiva della Nike: dall’andamento di uno dipende l’andamento dell’altro e viceversa. Dunque, Michael decide di dare il massimo per far crescere il brand Nike, in modo tale che anche i suoi guadagni possano aumentare. Il contratto inoltre, prevede una serie di “obiettivi” che la Nike pone Jordan: diventare il Rookie of the Year, diventare un ALL-STAR ( o segnare almeno venti punti di media a partita) e la proposta che le vendite delle scarpe di Michael avrebbero dovuto fatturare almeno 4 milioni di dollari nei primi tre anni. Jordan vince il Rookie of the Year, diventa un ALL-STAR, segna quasi 28 punti di media alla prima stagione e le sue sneakers fatturano a Nike oltre 70 milioni di dollari, solo nei primi due mesi di NBA di Mike!

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La nascita del rapporto tra Jordan e Nike si deve soprattutto, oltre alla mamma di MJ, a David Falk, agente di Jordan e grandissimo estimatore della società creata da Knight. Falk è stato fondamentale nella decisione di Michael di firmare per la società e, inoltre, decide di dare a Jordan un soprannome: “Air Jordan“, per via della sua capacità saltare e restare in aria per moltissimo tempo, alla sua capacità di essere un uomo che quasi si muove nell’aria o, più sempicemente, di essere, citando Federico Buffa, uno “Skywalker“. Questo soprannome diventa un cult nell’NBA e segna la storia del personaggio di Jordan.

Le prime scarpe indossate da Michael nella stagione del 1984 sono infatti le “Air Ship“, indossate in diverse colorazioni. Quelle però che vanno di più sono colorate di rosso e nero. La lega decide di “bannare” le sneakers, perché prodotte con un materiale non ammesso dalle normative della Lega dell’epoca. Ogni volta che Jordan avesse indossato quelle scarpe Nike avrebbe dovuto pagare 5000 dollari di multa alla NBA. Nike decide di ignorare la questione e di pagare la multa ogni volta pur di far scendere in campo Jordan con quelle scarpe. Knight sa benissimo che in questo caso il gioco potrebbe valere la candela, e così è stato.

Circa un anno dopo l’inizio della collaborazione tra Nike e Michael Jordan vengono create le scarpe più iconiche della partnership, e probabilmente le scarpe sportive più conosciute al mondo. Nel 1985, infatti, viene lanciata la linea delle “Air Jordan“, che fanno il loro debutto sul mercato con le famosissime Air Jordan 1, anche queste prodotte in diverse colorazioni. Chiaramente, le più iconiche sono quelle colorate di rosso e nero, dove accanto al classico “Swoosh“, vi è un simbolo dedicato esclusivamente a MJ, ovvero un pallone alato sormontato dalla scritta “Jordan“.

Il 1988 è un anno magnifico per His Airness, oltre al premio di difensore dell’anno e all’MVP, vince la gara delle schiacciate all’All Star Game contro Dominique Wilkins. In quella sfida che è passata la storia Jordan ha a disposizione l’ultima schiacciata della serata per vincere e decide di fare le cose in grande: MJ fa una schiacciata ripresa dal suo idolo Julius Erving, ovvero sia la schiacciata partendo dall’altra metà del campo e staccando alla linea del tiro libero della propria parte del campo. La schiacciata è probabilmente la più iconica della storia del basket e la foto di MJ che sembra camminare in aria fa il giro del mondo.

Poco dopo quella vittoria, Nike decide di fare un passo che farà la storia del rapporto tra sponsor e atleta: vengono create le Air Jordan 3, che hanno un segno diverso rispetto al resto delle scarpe esistenti, viene infatti creato il logo per Michael Jordan, che ritrae proprio la foto della leggendaria schiacciata di MJ, chiamato successivamente Jumpman. Nel 1989 vengono prodotte le Air Jordan 4 nelle quali è rappresentata per la prima volta la scritta “flight” sotto al logo Jumpman.

Grazie all’incredibile fama di MJ il quale già a cavallo tra anni ’80 e ’90 è considerato il miglior cestista al mondo e la più grande icona dello sport del periodo, le Air Jordan diventano un’icona di stile e streetwear sia dentro al campo da basket che fuori, questo perché grazie a Michael Jordan uno sportivo professionista non solo diventa una vera e propria icona nel suo sport, ma diviene un modello di vita. Riprendendo uno storico spot di Gatorade per MJ, la gente vuole realmente essere come il titolo della pubblicità : “Be Like Mike“.

Nel frattempo Michael Jordan rivoluziona lo stile dei giocatori NBA, sfruttando il proprio nome e il fatto di essere un simbolo del basket, comincia a vestirsi in modo diverso: la moda del tempo dell’NBA è di indossare i pantaloncini corti, ben sopra la rotula, ma a MJ non sembrano essere di moda e decide di indossare dei pantaloncini più lunghi e larghi che arrivano quasi al ginocchio. Questo modo di giocare non era così cult, ma lo fa Michael, e quindi la lega si adatta. Il modo di scendere in campo oggi dai giocatori NBA è dovuto al cambiamento attuato in parte da Jordan.

Questa rivoluzione totale creata da Michael Jordan esplode nel 1992, grazie alle Olimpiadi di Barcellona, dove l’America decide di mettere su un campo di basket la più grande macchina sportiva mai vista, il “Dream Team“, formata dai migliori giocatori al mondo e con a capo ovviamente Magic Johnson e soprattutto Michael Jordan. Con questa manifestazione sportiva, MJ diventa una icona mondiale, tutti vogliono vederlo, tutti vogliono imitarlo. Jordan diventa una vera e propria star dello streetwear e la Nike, grazie in particolare alle Air Jordan diventa la più grande azienda di moda sportiva al mondo, surclassando Converse e… Adidas.

Nello stesso anno la linea Jordan diventa un’azienda quasi a se stante. Sempre in collaborazione con Nike, il brand di MJ diventa piano piano una estensione della Nike stessa, e le scarpe prodotte per Jordan dopo il 1992 non presentano più lo swoosh, ma solo il logo di MJ. Oggi il brand Jordan rappresenta una delle entrate principali della Nike, oramai multimiliardaria. Il logo Jordan è entrato anche nel mondo del calcio, diventando nel 2018 sponsor tecnico del PSG , oltre che essere dalla stagione 2020-2021 lo sponsor tecnico ufficiale delle canotte delle squadre NBA.

Grazie al brand Jordan MJ è diventato un plurimiliardario e la maggior parte dei suoi introiti arrivano proprio dalla sua linea di scarpe e streetwear. Ma perché la Jordan è diventata così iconica? La risposta probabilmente va attribuita alla personalità e al carattere di Michael, oltre al fatto di essere il miglior cestista di sempre. Jordan non ha solo rivoluzionato il basket, ha cambiato lo sport in generale e il modo di vedere la figura di atleta. La sua infinita competitività, la sua voglia di vincere sempre, di superare sempre i propri limiti. Queste caratteristiche che hanno segnato la mentalità unica della leggenda non sono individuabili solo sul parquet, ma anche fuori.

Niente ha cambiato la storia del marketing sportivo come il rapporto tra Jordan e Nike, questo perché la voglia di vincere e dominare che aveva MJ nel campo è stata traslata anche nel business. Jordan voleva a tutti i costi essere un simbolo dello streetwear e voleva vincere la sfida alle vendite, desiderava battere chiunque anche nel mercato, con le Air Jordan non si poteva arrivare secondi. Molti esempi hanno contribuito a questa sua voglia di essere il numero uno anche nella moda: il silenzio stampa rilasciato dopo le dichiarazioni che riportavano le risse e i litigi causati in tutti gli USA per accaparrarsi per primi le nuove Air Jordan. Oppure il suo continuo astenersi nelle lotte politiche e sociali, cosa che per esempio lo differenzia molto da LeBron James, che da sempre agisce per il sociale e per aiutare chi è più in difficoltà. Celebre la sua neutralità politica in funzione del business con la frase “Republicans buy sneakers too“.

Molte dichiarazioni riportano anche di come Jordan pressava continuamente i propri designer, le minacce di cambiare brand, il menefreghismo sociale e verso ogni altra tematica esterna al guadagno. Il gesto simbolo della premiazione del Dream Team dove Jordan, dato che la nazionale USA veste Reebok, prende la bandiera americana se la drappeggia attorno e copre il marchio della società rivale. Ovviamente oggi non è così e Michael Jordan è da anni un’attivista nel sociale, sempre pronto ad aiutare i più in difficoltà e sempre disponibile ad aiutare il prossimo, ma ai tempi in cui MJ dominava con le Jordan e con i Chicago Bulls la sua voglia di essere sempre il migliore al mondo lo hanno portato ad avere comportamenti particolari.

Il rapporto tra sponsor e atleta da MJ in poi è completamente cambiato. Oggi, nell’era digitale e dei social, gli atleti sono delle vere e proprie star e per le aziende sono dei veicoli di comunicazione e di pubblicità incredibili. La notorietà di un giocatore aumenta in maniera totale quella di un’azienda e viceversa, le scelte e le dichiarazioni di una star dello sport influenzano anche la direzione delle aziende con cui è in collaborazione. Il marketing sportivo è cambiato completamente, e tutto è iniziato con Michael Jordan: se oggi Nike e Adidas si scontrano con il leggendario duo Ronaldo-Messi, se Under Armour decide di puntare tutto sulla notorietà di Steph Curry, se Nike offre un contratto da un miliardo di dollari a vita a LeBron James, il merito è in parte di Michael Jordan, l’uomo che ha cambiato lo sport.

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