PolarCap, il casco refrigerante contro le commozioni cerebrali- Corriere.it

2022-07-15 18:17:40 By : Ms. Cherry Lueng

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È un caschetto che, tramite un refrigeratore che invia acqua fredda, limita gli effetti negativi dopo scontri violenti e può aiutare atleti di rugby, hockey, football americano. Alcune squadre in Francia e Svezia lo hanno già testato

Potrebbe presto vedere il suo debutto sui campi da gioco di diverse discipline un casco in grado di limitare gli effetti negativi delle commozioni cerebrali , rimediate dagli atleti durante una partita. Sport che richiedono l’utilizzo del caschetto come l’hockey, il football americano e il rugby sono tra quelli che espongono di più la testa alle contusioni, tanto che, anche nell’ambito delle protezioni, la tecnologia e la ricerca possono dare un contributo importante alla tutela della salute degli sportivi. Una delle novità in questo settore è rappresentata da PolarCap , un caschetto in grado di limitare gli effetti dei colpi sul cervello attraverso un sistema che si avvale delle proprietà benefiche del freddo, esattamente come abitualmente si utilizza il ghiaccio dopo una contusione. Nel corso del 2021 sono state 15 squadre di hockey svedesi le prime a testarlo, mentre negli ultimi mesi il suo utilizzo si è diffuso anche tra le squadre di rugby francesi. Lo scorso anno 81 giocatori sono stati vittima di commozione cerebrale, ma quelli che indossavano il casco refrigerante sono tornati in campo dopo i contrasti prima degli altri. Vertigini, squilibri e perfino diversi tipi di lesioni sono tra le principali conseguenze ad essere state affievolite, se non azzerate, dal funzionamento della protezione innovativa.

Il casco è caratterizzato da una sorta di refrigeratore automatico che invia acqua fredda a un cappuccio di silicone posto intorno alla testa del giocatore, all’interno della struttura. Questa protezione si indossa comunque insieme a un altro casco al neoprene , così che il freddo possa essere più efficace, perché isolato. La temperatura del cranio scende così seduta stante, in modo tale che dopo un qualsiasi scontro violento gli effetti possano esserne attutiti, in funzione anti-shock, generalmente per i 45 minuti successivi all’impatto. Il PolarCap, testato, tra gli altri, dai giocatori dello Stade Reims, del Biarritz Olympique e dal Clermont è quindi uno strumento in più. «Prima non si poteva far molto, rispetto a un aggiustamento dell’alimentazione, al maggiore apporto di vitamina D e al riposo. Ora, grazie a questo sistema, diventa possibile agire con maggiore tempestività, effettuando almeno un’operazione di prevenzione». Queste le parole di Elliot Rubio, medico dello Stade Reims. Alcuni suoi colleghi, più scettici, pensano che invece gli effetti siano molto più limitati.

In molte discipline, convengono i medici, questo modello di casco, che non ha controindicazioni, è comunque meglio indossarlo, tanto che il suo utilizzo potrebbe presto diffondersi tra le squadre di rugby e hockey di altri Paesi o, magari con delle modifiche specifiche, anche in discipline che non prevedono contusioni frequenti, ma dove la protezione della testa resta comunque cruciale (sci, motori, ciclismo e altri). L’impiego di una protezione di questo tipo può essere determinante, se vengono presi in considerazione i tanti incidenti alla testa che si verificano quotidianamente sui campi da gioco. Squadre come il Clermont e lo stesso club del Treviso fanno parte di uno screening della federazione internazionale che raccoglie i dati relativi a 700 giocatori di rugby. Di 1.700 commozioni cerebrali esaminate negli ultimi anni tra diversi sport, la maggior parte sono state conseguenza di scontri avvenuti in partite di rugby, calcio e pallamano, per non parlare della boxe. «Questa forma di crioterapia non può fare miracoli, ma può senza dubbio aiutare», dicono i medici . Dalla parte dei giocatori non è stato riscontrato alcun problema nell’indossare il nuovo casco, dal momento che è praticamente identico a qualsiasi altro finora utilizzato.

Altro strumento utile per la salute degli atleti sarà presto un paradenti tecnologico in grado di raccogliere i dati relativi all’agonista che lo indossa , anch’esso attualmente in fase di test. Questa protezione, sviluppata dall’azienda americana Prevent Biometrics, misura l’intensità dei contatti rimediati durante le partite, in modo tale che si possa agire prontamente nel caso degli scontri più violenti. Grazie all’analisi delle informazioni raccolte si possono individuare le conseguenze che il cervello dell’atleta potrebbe accusare nelle ore successive all’impatto, così da fornire un soccorso puntuale e proporzionale al contrasto subito. Tutti strumenti che offrono solo una parziale soluzione al problema, ma che grazie alla tecnologia e alla ricerca possono dare un contributo sconosciuto fino a qualche tempo fa.

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