Recensione: I Am Zlatan - Cineuropa

2021-10-27 09:27:17 By : Mr. jinrong wu

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27/10/2021 - Il regista svedese Jens Sjogren sceglie la chiave del racconto di formazione per narrare la parabola verso il successo del campione di calcio Zlatan Ibrahimovic

Racconta le difficoltà di Zlatan Ibrahimovic, più che i suoi successi, il film tratto dall'autobiografia best-seller del campione di calcio svedese di origini slave (Io, Ibra, edito da Rizzoli), presentato in anteprima mondiale alla 16ma Festa del cinema di Rom. I Am Zlatan, diretto dallo svedese Jens Sjogren, è un racconto di formazione che della biografia di questa star del calcio mondiale (ha vestito maglie importanti come quelle di Juventus, Inter, Barcellona, ​​​​Milan, Paris Saint-Germain, Manchester United, attualmente attaccante del Milan e della nazionale svedese), noto per i suoi gol ma anche per la sua simpatia, esuberanza e sfacciataggine, in evidenza soprattutto gli inciampi che hanno caratteristiche la sua strada verso la gloria, dalla sua infanzia come figlio di immigrati slavi nei sobborghi popolari di Malmo al suo contratto con la Juventus, vero inizio di una carriera folgorante.

Il film comincia da un mezzo fallimento. Ibra gioca nei Paesi Bassi, nelle file dell'Ajax, segna pochi gol e lo chiamano “immigrato pigro”. Il suo procuratore italiano gli impone di vendersi la Porsche e di concentrarsi sugli acquisti, perché quello a cui punta per lui è la Juventus, la prestigiosa squadra di Torino. Inizia così un lungo flashback, che parte dall'infanzia del giocatore, quando muove i primi sui campi da calcio e pochi passi in lui (a interpretarlo da bambino è Dominic Bajraktari Andersson), passa per gli anni dell'adolescenza, in cui milita nella squadra giovanile della sua città (e qui ha il volto di Granit Rushiti), e si intreccia con il presente del film (sempre Rushiti, ma con gli inconfondibili capelli lunghi del giocatore), quando Ibra, poco più che ventenne, si prepara a un incontro Luciano Moggi, l'allora dirigente della Juve.

Ma più che fratelli negli Stati Uniti, il regista segue il futuro campione a scuola, nel suo quartiere (Rosengrad, alla periferia di Malmo), nelle sue due case (quella della madre e quella del padre, separati), con i suoi, con gli amici, tra frigoriferi sempre vuoti, carenze affettive, intemperanze, aggressioni, piccoli furti, echi della guerra nei Balcani e Muhammad Ali come fonte d'ispirazione. Zlatan vuol dire oro, specifica suo padre alla sua insegnante di sostegno che gli suggerisce di mandarlo in un istituto per bambini difficili, ma in campo questo “ragazzo d'oro”, apparentemente incompreso, gioca solo per sé, non passa la palla, ii i suoi compagni lo vogliono fuori dalla squadra (e firmano persino una petizione contro di lui), così il suo allenatore lo tiene in panchina finché non impara ad avere rispetto. Gli altri gli passano davanti, le promozioni, e lui, figlio di immigrati dei sobborghi, per arrivare a faticare il doppio.

È proprio il rapporto con il padre, figura chiave della sua vita, ad illuminare alcuni aspetti della personalità del protagonista ea far avanzare il racconto, che nel complesso è molto efficace nel ritrarre il contesto in cui Zlatan è cresciuto, ma che nella sua parte centrale rallenta un po'. “Fai in modo che le critiche diventino la tua benzina” gli dice il genitore, un personaggio interessante con luci ed ombre che si riflette esattamente su suo figlio, ben interpretato dall'esordiente Rushiti, anche lui promessa del calcio (attualmente fermo per infortunio) e, forse, un futuro da attore.

Prodotto dalla società di Stoccolma B Reel Films, I Am Zlatan uscirà in sala in Italia l'11 novembre (primo paese al mondo), distribuito da Lucky Red e Universal Pictures. Delle vendite internazionali si occupa TrustNordisk.

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