Tardelli, Le Coq Sportif e la maglia scomparsa dell'82

2022-07-15 18:17:22 By : Ms. Nicole Jiang

Marco Tardelli torna a indossare la maglia azzurra del 1982: ma quella della finale con la Germania Ovest, non sa bene dove sia finita.

Premessa: se fossi bravo davvero, sulla storia della maglia misteriosa che sto per raccontarvi costruirei minimo un podcast, poi una graphic novel e a seguire una serie di ospitate Instagram, Twitch, in festival e in radio da capitalizzare entro l'11 luglio 2022 e per tutta l’estate del quarantennale di quel che sappiamo. Invece? Invece no, ve la racconto qui.

“La sera del 5 luglio, guardandoci negli occhi, ci accorgemmo di pensare tutti la stessa cosa. Avremmo vinto noi. Ormai eravamo sicuri”, Marco Tardelli dixit, e il 5 luglio era quello del 1982; non era la sera della finale ma della semifinale col Brasile, poi l’11 luglio sarebbe arrivata la Germania, al tempo ancora Ovest. Avremmo vinto noi, avrebbero vinto loro, tutti.

Tra di loro Marco Tardelli aveva 27 anni, e come non di rado al tempo avrebbe fatto gol, ma quello era un gol più speciale degli altri: il suo urlo sarebbe diventato meme in un’epoca di Lancia Prisma, carta carbone e pentapartito per saltare lungo quarant’anni e arrivare in eccellente salute alle Stories su Instagram e a TikTok. Incredibile la sopravvivenza di un gesto, un’immagine, di una serie di frame di cui a Tardelli avrà chiesto chiunque negli ultimi quarant’anni.

Quindi la mia curiosità quando lo incontro - alla presentazione della capsule collection Le Coq Sportif X Italia ’82 - è un’altra, visto che di chi gli chiede dell’urlo non ne potrà più, ed è una curiosità più pratica, collezionistica, una piccolezza. Quindi «Marco, ma dov’è che tieni la maglia della finale del 1982? Ce l’hai ancora?». Crick. Frazione di secondo in cui il tempo congela.

«Bella domanda - riprende - dovremmo chiedere ai miei fratelli… - si guarda attorno, è leggermente smarrito? Mi piace pensarlo. - sì, forse ce l’ha qualcuno dei miei fratelli» e Tardelli sembra anche lui incuriosito di sapere che fine abbia fatto un cimelio esposto nel museo e sul sito della FIGC. Lì c’è infatti la sua maglia numero 14 - sempre Le Coq Sportif, in un’epoca di pulizia estetica e senza loghi in giro ma solo sull’etichetta nel colletto - indossata durante il mondiale del 1982 in Spagna. Le fonti finora coincidono.

Marco Tardelli ci ha appena detto di non sapere di preciso dove sia oggi la maglia della sera della finale, e il sito della Federazione è onesto, perché ci ragguaglia, seppur precisamente vago “Maglia n°14 di Marco Tardelli indossata durante il Mondiale di Spagna del 1982”. Insomma, non è che ne avrà indossata soltanto una per tutte le partite, quella venerata nella teca sarà una delle tante. Ma una di quante? Cinque? Sette? Dieci? Comunque un multiplo.

Quindi il mistero di infittisce, e una gradevole torsione narrativa ce la offre un’intervista a uno dei quattro fratelli di Marco Tardelli, Flavio, incontrato dieci anni fa da Davide Guadagni per Il Tirreno. Flavio, oltre a raccontare di aver seguito la finale senza neanche vedere in diretta il gol del fratello - «Uscii e mi misi a vagare nel bosco della tenuta. Camminavo, pregavo, chissà. Mi sentivo un sacerdote che aveva sancito che tutto finisse lì. Ma dopo poco il grugnire dei cinghiali e i piccoli rumori del bosco furono sovrastati da un boato. Tornai di corsa a casa» - ricorda anche cosa gli portò il fratello dall’avventura spagnola, e alla domanda «Quando vi siete rivisti che festa avete fatto?» la risposta è: «Niente. Lui ci ha portato il pallone e il gagliardetto firmati e io gli ho fatto i complimenti». Pallone, gagliardetto: niente maglietta.

Quindi andiamo avanti? No, perché non conosco abbastanza bene la biografia di Marco Tardelli per continuare questo giochino, e anche perché sicuramente in una biografia avrà scritto, o in un’altra intervista avrà detto «Sì, tornato dalla Spagna nel 1982 ho regalato la maglia della finale a…» facendo così vaporizzare il mio castello di carte narrativo. Ma lasciatemi sognare una storia.

Anche perché che altro potremmo raccontarci con Marco Tardelli? Delle altre maglie che colleziona, sudate dai campioni con cui e contro cui ha giocato - e se hai vissuto in un campo da calcio tra due decenni, ’70 e ’80, c’è di sicuro molto di interessante e prezioso - quindi «Ne ho moltissime, un centinaio: di Boniek, di Platini, di Maradona, di Keegan, ma se dovessi tenerne una sola, impossibile! Non voglio buttare niente. Ho anche quella di…» e a quel punto, invitato dalla citazione di un oscuro giocatore della nazionale argentina degli anni ’70, si intromette Pierluigi Pardo e la conversazione termina in un gradevole cazzeggio.

Un cazzeggio da dopopartita su Rai1, in cui si può essere in sostanza quasi sempre d’accordo con Tardelli - «In Italia non c’è più pazienza di aspettare crescere i giocatori» o «Rifondare il calcio se ne parla da tanti anni… non si sa mai» così via, assunti che converrete, hanno infinitamente meno fascino della maglia perduta.

Nel frattempo, non trovate quella maglia.